Ancora tantissimi eventi domani al Festival Internazionale del giornalismo di Perugia

10.04.2025 18:30 di  Redazione Perugia24.net   vedi letture
Ancora tantissimi eventi domani al Festival Internazionale del giornalismo di Perugia

Dal fronte di Gaza all’Ucraina, dalla censura patriarcale alla crisi della fiducia nel giornalismo, la terza giornata del Festival Internazionale del Giornalismo 2025 si apre con una chiamata collettiva alla responsabilità. Giovedì 10 aprile a Perugia si incrociano le voci più coraggiose e necessarie dell’informazione internazionale: la Premio Nobel per la Pace Maria Ressa, la direttrice del Kyiv Independent Olga Rudenko, la giornalista e attivista femminista Mona Eltahawy, il reporter AFP Dylan Collins sopravvissuto a due attacchi mirati da parte di eserciti regolari. E ancora: le testimonianze dalla Striscia di Gaza, gli strumenti dell’AI contro la disinformazione, la resilienza del giornalismo locale in Israele dopo il 7 ottobre, fino alla poesia come forma di resistenza nei conflitti. Una giornata densa di proposte che porta al centro del dibattito pubblico il ruolo vitale dell’informazione indipendente, in un mondo dove l’accesso alla verità è ostacolato da guerre, regimi repressivi e manipolazioni algoritmiche. Le storie personali dei relatori diventano simbolo collettivo della lotta per la libertà di stampa e per il diritto alla complessità, in un tempo che premia l’odio e semplifica il dolore. Dall’analisi politica di Maria Ressa sull’arresto di Duterte, alla lezione di sopravvivenza del Kyiv Independent, fino alla potenza incendiaria del femminismo giornalistico globale di Eltahawy, #ijf25 accoglie chi ha scelto di raccontare i fatti, anche quando questo mette a repentaglio la propria esistenza. La giornata si chiuderà con la proiezione del documentario State of Passion, dedicato al medico palestinese Ghassan Abu Sittah, testimone vivente del genocidio in corso a Gaza.

Ecco nel dettaglio alcuni degli eventi in programma l’11 aprile:

A poche settimane dall’arresto del presidente Duterte nelle Filippine, torna al Festival Internazionale del Giornalismo la vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2021, Maria Ressa, simbolo globale della lotta per la libertà di stampa e contro la disinformazione. Perseguitata e arrestata dal governo filippino per le sue critiche all’ex presidente Rodrigo Duterte e alla sua brutale “guerra alla droga”, Ressa ha dovuto affrontare numerosi procedimenti giudiziari, pagando la cauzione dieci volte per rimanere in libertà, mentre Rappler, il sito di informazione da lei fondato, diventava bersaglio di campagne di discredito orchestrate sui social media.

A #ijf25, Maria Ressa commenterà gli sviluppi legati all’arresto di Duterte, offrendo un’analisi delle implicazioni politiche e delle sfide per la libertà di stampa nelle Filippine e nel mondo. Ressa sarà protagonista del panel Broken trust: time to abandon a manipulated metric asseiem a Emily Bell, direttrice del Tow Center for Digital Journalism, Jillian Green, direttrice del Daily Maverick, e Julie Posetti, vicepresidente della ricerca globale per l’International Center for Journalists.

Il panel metterà in discussione l’attuale concetto di fiducia nel giornalismo, evidenziando come Big Tech e attori politici abbiano manipolato la narrazione sulla crisi della fiducia per attaccare i media indipendenti. La discussione presenterà i risultati di una ricerca condotta dall’International Center for Journalists e dall’International Fund for Public Interest Media, che analizza il legame tra la demonizzazione del giornalismo indipendente, la disinformazione digitale e il calo della fiducia nell’informazione.

Maria Ressa continua a denunciare il collasso dell’ecosistema globale dell’informazione e a promuovere strategie di resistenza per proteggere i valori democratici. Il suo intervento a #ijf25, insieme a esperte di primo piano del giornalismo globale, sarà un’occasione imperdibile per comprendere il ruolo cruciale dell’informazione indipendente nella difesa della verità e della democrazia.

Giornalismo in trincea: il Kyiv Independent e la sfida dell’incertezza: venerdì 11 aprile 2025, alle 10:30 al Teatro della Sapienza, Olga Rudenko, pluripremiata direttrice del Kyiv Independent e testimone della resistenza informativa in Ucraina, guiderà assieme a diverse figure della redazione Toma Istomina (vicedirettrice), Daryna Shevchenko (CEO) e Zakhar Protsiuk (chief operating officer) un’analisi approfondita sull’indagine dei crimini di guerra e sulle lezioni di resilienza tratte da una redazione in tempo di guerra, nel panel When Anything Can Happen: Lessons in Planning for the Unknown from a Wartime Newsroom – Quando tutto può accadere: lezioni di pianificazione nell’incertezza da una edazione in tempo di guerra.

L’incertezza è una sfida che ogni organizzazione mediatica deve affrontare, sia a causa di conflitti globali, instabilità economica o mutamenti nelle dinamiche del pubblico. Il Kyiv Independent ha dovuto imparare a navigare nell’incertezza estrema: come testata ucraina che copre una guerra in corso, ha costantemente ridefinito la propria strategia senza poter prevedere cosa riserverà il futuro.

Questo panel – che riunisce il cuore pulsante del Kyiv Independent – analizzerà come il giornale non solo sia sopravvissuto, ma sia cresciuto nei suoi primi tre anni, nonostante le difficoltà legate al conflitto. Ora, mentre pianifica il 2025, il team si confronta con interrogativi cruciali: cosa accadrà se il conflitto si conclude o si congela, portando a un inevitabile calo dell’attenzione globale sull’Ucraina? Come può un media superare non solo la fatica da guerra, ma anche il disinteresse che segue la fine delle ostilità?

Le strategie sviluppate dal Kyiv Independent – raccontate in prima persona da chi ogni giorno le mette in pratica – offrono insegnamenti preziosi per qualsiasi realtà giornalistica. Dal costruire strategie flessibili al mantenere la rilevanza in circostanze mutevoli, questa discussione offrirà spunti pratici su come pensare in anticipo, adattarsi rapidamente e garantire che la propria missione resista a qualsiasi sfida futura.

INFO https://www.journalismfestival.com/programme/2025/when-anything-can-happen-lessons-in-planning-for-the-unknown-from-a-wartime-newsroom

Alle ore 10:30 all’Auditorium San Francesco al Prato, una delle voci più dirompenti del femminismo contemporaneo sarà protagonista di un’autentica lezione sul giornalismo investigativo femminile. Mona Eltahawy scrive, denuncia e agisce per scardinare le strutture di potere che opprimono donne, comunità LGBTQI+ e minoranze in tutto il mondo. Giornalista e attivista tra le più coraggiose, è impegnata nella lotta contro la censura e il patriarcato nei media. Il suo attivismo l’ha resa bersaglio di repressione: arrestata e brutalmente picchiata durante la Rivoluzione Egiziana del 2011, continua a essere una voce intransigente contro regimi autoritari e discriminazione di genere. Autrice di saggi divenuti manifesto del femminismo radicale, come Headscarves and Hymens e The Seven Necessary Sins for Women and Girls, ha scritto per testate di rilievo come The New York Times, The Washington Post e The Guardian.

A #ijf25, Mona Eltahawy affronta il tema del giornalismo investigativo femminista assieme a un panel internazionale di voci potenti e visionarie: Eva Belmonte, direttrice della Fundación Civio in Spagna e pioniera dell’accesso ai dati pubblici per smascherare le disuguaglianze istituzionali; Rawan Damen, fondatrice e direttrice di streammedia in Giordania, con una lunga carriera come documentarista e giornalista investigativa nell’area mediorientale; e María Teresa Montaño, giornalista messicana che ha pagato con minacce e aggressioni fisiche il suo lavoro di inchiesta sulla corruzione.

Insieme, esploreranno come il giornalismo possa sfidare il potere patriarcale, portare alla luce questioni sistematicamente ignorate e costruire un’informazione più equa, inclusiva e accessibile per tutti.

2024 è stato un anno nero per il giornalismo mondiale. Secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), sono stati 124 i giornalisti e operatori dei media uccisi nel 2024: oltre il 70% di loro sono morti a Gaza, colpiti da attacchi israeliani. Due terzi delle vittime sono palestinesi. Un bilancio drammatico che fa del 2024 l’anno più letale per la stampa dall’inizio del secolo. Ma i numeri del CPJ si fermano al solo 2024, escludendo le vittime tra ottobre e dicembre 2023 e quelle dei primi mesi del 2025. Altre fonti, come Al Jazeera, riportano un dato ancora più sconvolgente: almeno 217 giornalisti uccisi da Israele tra ottobre 2023 e dicembre 2024. E si tratta solo dei casi documentati. In un contesto segnato da oltre 15 mesi di bombardamenti sistematici, blackout informativi e condizioni genocidarie, ricostruire con certezza il numero delle vittime è un’impresa quasi impossibile.

Il panel “Justice for Gazan Journalists”, in programma venerdì 11 aprile alle 9:30 al Teatro del Pavone, parte da questi dati per interrogarsi sui meccanismi – politici, legali e internazionali – che possono spezzare l’impunità. Al centro dell’incontro, le testimonianze dirette di chi ha vissuto l’orrore sulla propria pelle.
Dylan Collins è capo videoreporter a Beirut per l’agenzia di stampa francese Agence France-Presse (AFP), dove coordina anche la copertura video per Libano e Siria. Parla fluentemente arabo ed è basato in Medio Oriente da quasi 15 anni, durante i quali ha raccontato i conflitti nella regione e oltre, inclusi la Striscia di Gaza, l’Iraq, la Siria, l’Ucraina, il Nagorno-Karabakh e il Libano.
Cittadino statunitense, Dylan è arrivato in Ucraina il secondo giorno dell’invasione russa su larga scala nel febbraio 2022, coprendo il conflitto per i due mesi successivi. Il 24 luglio 2023, durante il suo terzo reportage in Ucraina, è rimasto gravemente ferito in un attacco con droni russi nei pressi della città di Bakhmut, in prima linea. Dopo essersi ristabilito, è tornato in Libano per seguire l’escalation del conflitto tra Israele e Hezbollah lungo il confine sud a seguito degli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Il 13 ottobre 2023, Dylan era tra un gruppo di sette giornalisti colpiti due volte da forze israeliane. Il giornalista di Reuters Issam Abdallah è morto sul colpo. La fotografa di AFP Christina Assi è rimasta gravemente ferita e ha subito l’amputazione della gamba destra. Dylan e altri quattro giornalisti hanno riportato ferite da schegge. Le inchieste condotte da AFP, Reuters, Human Rights Watch, Amnesty International, UNIFIL e Reporters Without Borders hanno concluso che i colpi sono stati sparati da forze israeliane.

Insieme a lui, sul palco, Amelia Evans, vicedirettrice advocacy del CPJ, esperta di giustizia internazionale, e Shrouq Al Aila, giornalista palestinese e produttrice della Striscia di Gaza. Dopo l’uccisione del marito Roshdi Sarraj – cofondatore della casa di produzione indipendente Ain Media – Shrouq ha raccolto la sua eredità e continua oggi a raccontare la guerra e la devastazione di Gaza, nonostante gli sfollamenti continui e i rischi altissimi. La sua voce, come quella di tanti colleghi palestinesi, è oggi tra le più coraggiose e necessarie.

Venerdì 11 aprile 2025, alle 11:30 nella Sala dei Notari di Palazzo dei Priori, si terrà un panel dedicato a Local Call, la testata indipendente israeliano-palestinese che nel pieno della guerra a Gaza si è distinta per le sue inchieste, le voci dal campo e l’ostinazione nel raccontare ciò che molti fingono di non vedere. Israele e Palestina condividono il prefisso telefonico internazionale +972. È da questo punto in comune – piccolo ma simbolico – che nasce il progetto editoriale +972 Local Call, magazine fondato da un gruppo di giovani giornalisti israeliani e palestinesi per promuovere una coesistenza possibile e denunciare la violenza dell’occupazione. Una testata indipendente, coraggiosa e necessaria, che nel pieno della guerra a Gaza si è distinta per le sue inchieste scomode, le voci dal campo, e l’ostinazione nel raccontare ciò che molti fingono di non vedere.

A rappresentarla, in questo panel, ci saranno due figure chiave: Ghousoon Bisharat, giornalista palestinese con cittadinanza israeliana e direttrice responsabile del magazine, e Meron Rapoport, tra gli editorialisti più autorevoli della testata. Pluripremiato giornalista investigativo con oltre trent’anni di carriera, Rapoport ha diretto le pagine news di Haaretz e lavorato per Yedioth Ahronoth, ed è tra i fondatori del movimento A Land for All, che propone due stati con confini aperti e istituzioni condivise. La sua firma è legata a inchieste cruciali come quella sul furto degli ulivi palestinesi durante la costruzione della barriera di separazione, per la quale ha ricevuto il Premio Internazionale di Giornalismo di Napoli.

Insieme a loro, porteranno le proprie esperienze anche Yonit Mozes, caporedattrice economica di Local Call; Oren Persico, giornalista di The Seventh Eye; e l’attivista Samah Salaime. A moderare l’incontro, Francesca Caferri, pluripremiata corrispondente estera di la Repubblica. Un panel per ascoltare chi, dentro Israele, continua a fare giornalismo come atto di coscienza, verità e resistenza.

Nel cuore di un anno elettorale segnato da disinformazione e manipolazione digitale, l’intelligenza artificiale si sta rivelando un alleato fondamentale per chi combatte le fake news. Alle ore 12:35, nella Sala Raffaello dell’Hotel Brufani, Andy Dudfield, Head of AI di Full Fact, una delle organizzazioni di fact-checking più autorevoli al mondo, racconta come la tecnologia stia rivoluzionando la verifica dei fatti su scala globale. Dal 2019 Dudfield guida il team AI dell’organizzazione, sviluppando strumenti capaci di operare nei contesti informativi più critici – dallo Yemen al Sudan, dall’Iraq allo Zimbabwe – e supportando decine di redazioni in tutto il mondo nel contrasto alla disinformazione.

Con una lunga esperienza anche alla BBC e all’Ufficio Nazionale di Statistica del Regno Unito, Dudfield illustrerà le soluzioni pratiche che Full Fact ha messo a disposizione dei fact-checker durante il 2024, l’anno più “elettorale” della storia contemporanea. Nel panel Mis/Disinformation & fact-checking, how AI is revolutionising fact-checking around the world aiuta a comprendere come l’AI possa potenziare – e non sostituire – l’intelligenza umana nell’analisi delle fonti e nella difesa della verità.

Come si può parlare di scienza del clima sui social media senza banalizzare, ma anzi rendendo i contenuti più accessibili, accattivanti e credibili? La risposta arriva da Adam Levy, climatologo diventato divulgatore scientifico, ideatore del canale YouTube pluripremiato ClimateAdam che interviene alle ore 12:35 nella Sala Raffaello dell’Hotel Brufani. Con uno stile ironico, brillante e rigoroso, Adam riesce a condensare concetti complessi in video e post che parlano a tutti, senza perdere l’accuratezza scientifica. In questa intervista moderata da Anna Turns, senior environment editor di The Conversation UK, Adam racconterà come traduce i dati in storie capaci di catturare l’attenzione online, quali ostacoli ha incontrato lungo il percorso e quali lezioni ha imparato sulla comunicazione climatica nell’era digitale. Un appuntamento imperdibile per chi vuole capire come far brillare la scienza sui social. Per quasi quarant’anni, la giornalista Lindsey Hilsum, corrispondente internazionale di Channel 4 News, ha attraversato le zone di conflitto più laceranti del nostro tempo – dal genocidio in Rwanda alla guerra in Ucraina, dalla Siria alla Striscia di Gaza – portando con sé sempre un libro di poesie.
Nel suo ultimo libro, I Brought The War With Me; Stories and Poems from the Front Line (Chatto & Windus, 2024), Hilsum intreccia cinquanta storie di guerra con versi scelti da poeti di tutto il mondo, offrendo una prospettiva inedita e profondamente umana su ciò che ha vissuto. Dai classici Siegfried Sassoon e Enheduanna, prima poetessa di guerra della storia, ai contemporanei Halyna Kruk e Mosab Abu Toha, la poesia diventa una lente per illuminare il senso universale della sofferenza, della memoria e della resistenza.

A intervistarla, alle ore 12:35 al Teatro del Pavone, ci sarà Kirsty Lang, giornalista e conduttrice britannica con una lunga carriera tra Channel 4, BBC World, il Sunday Times e BBC Radio 4. Un incontro raro tra giornalismo e letteratura, che ci invita a guardare al dolore della guerra con occhi nuovi.

La disinformazione è una sfida antica che, nell'era digitale, ha assunto nuove dimensioni, sfruttando gli algoritmi per amplificare la sua portata. L'Unione Europea ha risposto con un quadro normativo articolato: dal Digital Services Act al Media Freedom Act, fino al Codice europeo di buone pratiche contro la disinformazione, con l'obiettivo di proteggere la libertà di espressione, rafforzare il pluralismo e garantire trasparenza sulle piattaforme online. Alle ore 16 al Teatro Pavone #ijf25 riunisce figure istituzionali ed esperti del settore per un confronto sulle sfide della regolamentazione dell'ecosistema digitale e sul contrasto all'infodemia. Intervengono:Carlo Corazza, Direttore dell'Ufficio del Parlamento Europeo in Italia; Ewelina Jelenkowska-Lucà, Capo dell'Unità Comunicazione presso la Direzione Generale CONNECT della Commissione Europea, Antonio Losito, autore, docente e podcaster, noto per il podcast "Tyranny" Pina Piceno, Vicepresidente del Parlamento Europeo, Giulia Pozzi, Senior Analyst presso NewsGuard. Un’opportunità per approfondire il ruolo delle piattaforme digitali nella diffusione delle informazioni e le misure adottate a livello europeo per garantire un'informazione libera, pluralista e trasparente.

Dopo 43 giorni vissuti ininterrottamente sotto le bombe, operando senza sosta nei pronto soccorso degli ospedali Al Shifa e Al Ahli a Gaza, il chirurgo ricostruttivo britannico-palestinese Ghassan Abu Sittah è uscito da quell’inferno con il volto e la voce di una resistenza umana e civile che ha fatto il giro del mondo. I suoi racconti – corpi dilaniati, amputazioni senza anestesia, bambini rimasti soli al mondo, medici e ospedali deliberatamente presi di mira – hanno lasciato un segno indelebile. Era la sua sesta, e più terribile, guerra a Gaza. Perché continua a farlo? Dove trova la forza? E come affronta tutto questo, insieme alla sua famiglia?

A queste domande risponde il documentario “A State of Passion” (2024), diretto da Carol Mansour e Muna Khalidi, due cineaste e amiche della famiglia Abu Sittah, che hanno deciso di seguire Ghassan con la macchina da presa sin dal momento in cui è uscito da Gaza, in un’alba silenziosa ad Amman. Il film lo accompagna nei suoi spostamenti tra Beirut, Londra, Dubai, Kuwait, restituendoci un ritratto intimo e politico insieme, costruito attorno a una sola, potentissima parola: passione. Una passione che si chiama Palestina.

Carol Mansour, regista indipendente con oltre 24 anni di esperienza e riconoscimenti internazionali, ha fatto del documentario uno strumento di giustizia e memoria. Muna Khalidi, esperta in politiche sanitarie e sviluppo sociale, porta nella narrazione una visione profonda e radicata nei diritti umani. Insieme, formano un duo creativo raro, capace di trasformare il dolore in racconto.

Al termine della proiezione, prevista alle ore 18.15 presso l’Auditorium San Francesco al Prato, Lina Attalah, direttrice del sito indipendente Mada Masr e tra le voci più coraggiose del giornalismo arabo contemporaneo, intervisterà le due registe.