"Non sia Romizi a decidere sul progetto del nuovo stadio Curi"
Il progetto-bis «Arena Curi» fa discutere. Scrive La Nazione che a sollevare dubbi e a porsi interrogativi sul Perugia calcio è la candidata sindaco per il centrosinistra Vittoria Ferdinandi. «Ritengo legittima e per certi versi apprezzabile la determinazione dimostrata da Arenacuri sul progetto del nuovo stadio. L’evento organizzato alla Sala dei Notari è servito, quantomeno, a svelare un progetto architettonico di indubbio valore, senza però arrivare a fornire elementi sufficienti a valutare il piano economico finanziario e la sostenibilità dell’operazione, ovvero le vere ragioni per cui è stato bocciato degli uffici comunali lo scorso luglio. Oggi – attacca Ferdinandi – la Giunta Romizi si ritrova stretta all’angolo dopo anni di immobilismo e indecisione: nel bel mezzo di una campagna elettorale è stata chiamata a decidere, entro 60 giorni, se il progetto merita una seconda chance».Il nodo mutuo. «La conseguenza di ciò porterebbe ad assumersi la responsabilità di rinunciare agli oltre 5 milioni già stanziati dal Credito Sportivo per la ristrutturazione del Curi e a scegliere o meno la strada della privatizzazione dello stadio senza, per altro, alcuna garanzia sul coinvolgimento della società Perugia Calcio. Questo “pasticciaccio brutto” andava in ogni modo evitato. È la dimostrazione che la città è capace di attrarre investimenti ma, troppo spesso, non è stata messa nelle condizioni di coglierli appieno. Sarebbe bastato aprire a tempo debito un canale di dialogo vero con i tifosi, che sono i primi azionisti del Perugia calcio e dello stadio Curi, e con la città tutta, per stabilire insieme una strada coerente, con un obiettivo comune di avere un impianto all’altezza della storia e della gloria del Grifo».La richiesta di Ferdinandi è chiara: va rimandata ogni decisione. «Come candidata mi auguro che il sindaco Romizi e la sua maggioranza, abbiano almeno il buon senso e la decenza di non decidere per chi sarà chiamato a governare la città tra poco più di due mesi di tempo. Faccia almeno valere eventuali proroghe sul termine dei 60 giorni previsti dalle norme e lasci alla città il tempo di scegliere per il meglio».