Un paese di 4mila abitanti per la prima volta in Serie C: ma si parla già di voler salire in B
E' una favola: 4 mila abitanti con la squadra in Serie C e si parla già di B... Scrive Valerio Piccioni su La Gazzetta dello Sport che la via Francigena è a uno sguardo di distanza. La riconosci dalla processione incessante dei camminatori. Anche qui, sul campo di calcio del Monterosi Tuscia, metà strada fra Roma e Viterbo, sono specializzati nell’inseguire traguardi. La storia è cominciata nel lontano 2004, in Terza Categoria, e ora ne ha fatta di strada perché quest’angolo di Lazio è in Serie C: sabato scorso ha sfidato il Foggia di Zeman, domenica giocherà a Bari, 60 volte gli abitanti di Monterosi. Alla prima impressione qui il calcio è un po’ romanzo e un po’ racconto per bambini. Perché il presidente Luciano Capponi per spiegare la moltiplicazione degli impegni burocratici nel passaggio dalla D alla C cita addirittura «Il Castello» di Kafka, ma poi aggiunge che a lui piacciono le favole, ne ha anche scritte diverse, «e questa storia un po’ della favola ce l’ha». È la favola di un posto di quattromila abitanti che pensa e sogna in grande: «Quando ho cominciato e dicevo di voler andare in Serie C mi prendevano per matto. Ora che parlo di Serie B lo fanno un po’ meno...» E poi le favole piacciono ai bambini e in effetti qui non c’è solo la prima squadra, ma un’affollata scuola calcio che proprio ieri pomeriggio ha vissuto il suo Open Day. È rivolta a loro la carta dei diritti che trovi nel corridoio su cui si affacciano gli spogliatoi. E poi c’è una brochure di un progetto dal titolo eloquente: Island Baby. «Vogliamo costruire uno stadio da 20mila posti, per ospitare eventi non soltanto calcistici e non soltanto sportivi. Rispettando l’ambiente». Il tutto nel territorio di Sutri, dove il sindaco non è proprio uno sconosciuto. «È Vittorio Sgarbi, è coinvoltissimo nel progetto».
«Sogni realizzati». Qui la Serie C è un posto dove si vuole fare le cose per bene senza dimenticare di divertirsi. «Siamo seri, non seriosi. L’importante è entrare e uscire dal campo felici», ci racconta il capitano Davide Buono, che ogni giorno si fa la sua razione di chilometri arrivando da Roma, per la precisione dalla Garbatella, e che rappresenta la continuità in una squadra che è stata quasi del tutto cambiata dopo la promozione. Sotto la regia di Fabrizio Lucchesi, il direttore generale dell’ultima Roma scudetto. «Con lui la Serie C ci costa due milioni e mezzo a stagione, un quarto di un super club - spiega Capponi -. Ma io alla Serie B ci credo. Sono un presidente sognatore, i miei sogni però si realizzano».
Vertical aggressivo Questo Monterosi Tuscia è un incrocio fra un luna park e una start up del pallone, una miscela che però ha un taglio in qualche modo filosofico. Al tutto si aggiunge uno spirito teatrale perché il teatro è lo spettacolo sono la principale attività di Capponi. «Aspettate, vi chiamo l’allenatore. David!». David D’Antoni, nato e cresciuto come tecnico da queste parti dopo un bel giro d’Italia da «calciatore di medio livello», si volta e il presidente gli dice: «Sei esonerato». Per poi aggiungere: «Ci esoneriamo reciprocamente diverse volte al giorno...». D’Antoni non è un integralista di un modulo, più che altro ha una convinzione. «In Italia veniamo da anni di culto del possesso palla, ma per me il futuro del calcio sarà vertical aggressivo, un po’ alla tedesca». Il Klopp della Cassia Bis? «Ma no! E poi qui il vero personaggio è il presidente, la nostra rockstar». Una rockstar che è anche batterista, pilota (di aerei), compositore di musica e calciatore tuttora in attività alla rispettabile età di 74 anni.
I riti e le carte «Ma volete provare il trenino?», ci chiede ora Capponi. Non abbiamo neanche il tempo di rispondere ed eccoci nella tenuta del presidente, dove ci sono anche le rotaie. «L’abbiamo costruito durante il lockdown». Eccoci in mezzo ai tre campi da calcio (qui spesso la squadra fa la rifinitura). Prima, però, capitiamo in una specie di stanza museo ecco poster e foto. Nella raccolta spicca Patrizio Oliva, il pugile, «che ho fatto diventare attore». Arriva pure il momento dei tarocchi. Un altro rito di «iniziazione». A quel punto Capponi sale sul palcoscenico immaginario e comincia a leggere e a interpretare, con i calciatori che sembrano consumate «spalle» del protagonista. C’è anche Emmanuel MBende, passaporto tedesco e origini del Camerun, difensore centrale di cui si dice un gran bene. E Mattia Tonetto, figlio d’arte (ricordate nella Roma suo padre Max?). «Una grande risorsa di questo ambiente è la capacità di fare gruppo», spiega ancora Lucchesi. «Io ho un progetto per salvare il calcio», ci rivela ancora il presidente Capponi. Ma è meglio non insistere, risparmiamoci qualcosa per la prossima puntata.